Pasqua di Cristo crocifisso e risorto

« Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato » (Lc 24,5-6). Nel quadro degli avvenimenti di pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta. L’assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti. Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della risurrezione. Dapprima è il caso delle pie donne, poi di Pietro. Il discepolo « che Gesù amava » (Gv 20,2) afferma che, entrando nella tomba vuota e scorgendo « le bende per terra » (Gv 20,6), vide e credette. Ciò suppone che egli abbia constatato, dallo stato in cui si trovava il sepolcro vuoto, che l’assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana e che Gesù non era semplicemente ritornato ad una vita terrena come era avvenuto per Lazzaro.

 

« Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione e vana anche la vostra fede » (1 Cor 15,14). La risurrezione costituisce anzitutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso ha fatto e insegnato. Tutte le verità, anche le più inaccessibili allo spirito umano, trovano la loro giustificazione se, risorgendo, Cristo ha dato la prova definitiva, che aveva promesso, della sua autorità divina.

 

Vi è un duplice aspetto nel mistero pasquale: con la sua morte Cristo ci libera dal peccato, con la sua risurrezione ci dà accesso ad una nuova vita. Questa è dapprima la giustificazione che ci mette nuovamente nella grazia di Dio « perché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova » (Rm 6,4). Essa consiste nella vittoria sulla morte del peccato e nella nuova partecipazione alla grazia. Essa compie l’adozione filiale poiché gli uomini diventano fratelli di Cristo, come Gesù stesso chiama i suoi discepoli dopo la sua risurrezione: « Andate ad annunziare ai miei fratelli » (Mt 28,10). Fratelli non per natura, ma per dono della grazia, perché questa filiazione adottiva procura una reale partecipazione alla vita del Figlio unico, la quale si è pienamente rivelata nella sua risurrezione.

 

* Dal Catechismo della Chiesa Cattolica (640; 651)